Come spesso accade nel nostro mondo digitalizzato, gli eventi della vita ci appaiono come immagini, astrazioni da schermo, completamente scollegate dalle cause o dai responsabili materiali. Così la guerra, che pure tragicamente è un tema ricorrente nella società in cui viviamo, viene presentata quasi fosse un evento atmosferico avverso, qualcosa che non si può prevedere né tantomeno fermare. Invece, esattamente come per il genocidio in Palestina o la guerra tra NATO e Federazione Russa sul suolo ucraino, qualsiasi tipo di conflitto armato necessita di soldati che, obbedendo, le combattano; di ufficiali e strateghi che le dirigano; di politici che le approvino; di banche e ricchi imprenditori che le finanzino; di tecnici e centri di ricerca che sviluppino le armi; di aziende e fabbriche che le costruiscano.
E così, nella placida e tutto sommato privilegiata Forlì, il Comune e la Fondazione Cassa dei Risparmi (onnipresente dove c’è da far soldi!), unite nella “Fondazione Mercury”, assieme al consorzio “ERiS” (Emilia Romagna in Space), promosso da “Thales Alenia Space” con sette imprese emiliano romagnole, vogliono impiantare una cittadella della guerra, per farci capire da vicino cosa significhi essere parte integrante della logistica della morte.
2000 mq di terreno (che in futuro potrebbero diventare molti di più: si parla di un’area di più di 8.000 mq) di proprietà del Comune di Forlì, nel quartiere Ronco (non bastava la caserma De Gennaro!?), per l’esattezza in un’area di campagna tra via Montaspro e via Carnaccini, dietro a CIRI Aerospazio e a due passi dal Polo Tecnologico Aeronautico-Spaziale dell’Università (campus forlivese legato all’Unibo), in cui dovrebbe sorgere un “polo” di produzione altamente tecnologico nell’ambito delle antenne satellitari “dual-use”, ossia doppio utilizzo, in ambito sia civile che militare.
Il progetto ERiS é stato presentato ad ottobre a Roma al Ministero delle Imprese e del Made in Italy dal vicepresidente della Regione Emilia-Romagna con delega allo Sviluppo economico,Vincenzo Colla, dal sindaco di Forlì, Gian Luca Zattini, e dal’assessora comunale con delega allo Sviluppo economico e al progetto ‘Forlì Aerospazio’, Paola Casara, assieme ai responsabili delle imprese emiliano-romagnole del settore dell’aerospazio Bercella, Curti, Nautilus, NES, NPC-SpaceMind, Poggipolini e Tex Tech. Coinvolta nel progetto anche l’Università di Bologna attraverso CIRI Aerospazio.
Il progetto ha un costo tra 15 e 25 milioni di euro che si vuole recuperare attraverso contributi pubblici legati ai contratti di sviluppo. La cessione del terreno per il progetto ERiS, tramite la fondazione Mercury (a sua volta presentata in pompa magna a febbraio), intanto, è già stata approvata a metà ottobre all’unanimità dal consiglio comunale forlivese. La riprova che su militarizzazione e soldi, centro destra e centro-sinistra vanno d’accordissimo.
Cosa c’entra questo con la guerra? Purtroppo il curriculum delle aziende che partecipano al consorzio ERiS parla da solo: la multinazionale capofila Thales Alenia Space, partecipata da Thales (67%) e Leonardo (33%), rappresenta un tassello chiave del complesso militare-industriale che alimenta i conflitti in tutto il mondo, realizzando componenti strategici per i sistemi di comunicazione, sorveglianza e difesa. I satelliti prodotti da Thales Alenia Space forniscono gli “occhi” a droni e tecnologie militari per colpire i loro obiettivi.
Leonardo (azienda compartecipata dallo Stato italiano) e la francese Thales, collaboratrice di primo piano della israeliana Elbit System, a cui ha fornito i componenti per i droni dell’IDF, sono tra le principali fornitrice di tecnologie militari allo Stato d’Israele per massacrare la popolazione palestinese. Senza contare che Leonardo è la terza azienda di armi in Europa per fatturato.
Nel consorzio ERiS partecipa, tra le altre, anche la ditta Curti di Castelbolognese, già al centro di proteste per il suo ruolo di fornitrice di componenti militari alla Leonardo.
Il “doppio” utilizzo, civile e militare, che viene sbandierato per far sembrare che ci sia una sorta di “valore sociale” della tecnologia prodotta è puro fumo negli occhi: il fatto che queste antenne satellitari possono anche essere usate per altro non ci fa dimenticare il loro scopo principale. Per fare un esempio dell’utilizzo dei servizi internet satellitari nei conflitti odierni, basti ricordare il ruolo che le costellazioni di satelliti e di ricevitori come Starlink di Elon Musk hanno avuto e stanno avendo nella guerra in Ucraina, diventando un elemento chiave per le telecomunicazioni e l’osservazione terrestre, guidando i droni e i sistemi di puntamento dell’artiglieria sugli obiettivi prescelti. Non a caso proprio Starlink è il modello dichiarato per la realizzazione di una costellazione europea di satelliti dual use, che vede in prima fila l’alleanza tra Thales, Leonardo e Airbus (progetto Bromo).
Le macerie della striscia di Gaza e le decine di migliaia di morti ammazzati in Palestina (o in Sudan, Congo, Yemen, Ucraina…) portano la firma, tra le altre, di Leonardo e di Thales.
Se questo progetto dovesse andare in porto, anche Forlì potrebbe figurare come uno dei centri italiani di produzione di morte. E per cosa? Per la solita sanguinaria sete di profitto di padroni, fondazioni e aziende private e per la smania di potere e riconoscimento dei politici locali e regionali.
La “creazione di posti di lavoro”, eterno mantra per far ingollare ogni schifezza, potrà anche stavolta farci dimenticare ogni scrupolo morale? Il lato “istruttivo” di questa bruttissima faccenda è che ci viene mostrato che le guerre vengono alimentate a pochi chilometri da dove abitiamo, nelle nostre città, indicandoci che i produttori di morte hanno nomi e indirizzi, e che li possiamo fermare! Li dobbiamo fermare! Nessuna cittadella della guerra, né a Forlì né altrove! Sabotiamo, disertiamo, boicottiamo il militarismo! Palestina libera in un mondo libero!
Collettivo Samara